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Gli anni quaranta sono, in Italia, gli anni dell’autarchia: i topi di Eritrea finiscono dal pellicciaio, accanto gli agnelli mortaccini di Calabria, capretti di Asmara, conigli che si mascheravano da leopardo, castoro, talpa.
Anche in Francia ed in Inghilterra la situazione è la medesima; l’Inghilterra nonostante le restrizioni incoraggia l’acquisto della pelliccia per risparmiare la lana. In tutta Europa insomma, è l’epoca del “fai da te” o dell’arrangiarsi”.
In America l’atmosfera è diversa, le star sono più glamorous che mai, ovvero sfoggiano opulenze del decennio precedente, a fronte di una moda quotidiana che invita per esempio all’acquisto di cappotti con linearissimi bordi in persiano e giacche di volpe rossa.
Comunque questi sono anni della guerra, vissuti diversamente in America e in Europa. In Italia, come in altri Paesi europei, in questo decennio caratterizzato da guerra ed autarchia, la femminilità se non è stata perduta, è stata per lo meno mortificata.
Le pelliccia anteguerra viene trasformata, sposandola al tessuto, in motivi per abbellire tailleur, oppure mutata in colli, balzi, corpini. Per esempio, in figura, ampie strisce di pelliccia guarniscono un mantello, mentre la puzzola decora un manicotto.
Comunque anche durante la guerra la moda in pelliccia non si era del tutto assopita e si rivolgeva ad un suo ben preciso pubblico: vi erano aziende moda, come; la Schiaparelli che montava grandi colli di visone su mantelli di lana nera, mentre il persiano veniva messo sul tailleur; la Henri Bandel che proponeva cappe squadrate e lunghe ed ampie per la sera; la Maxmillian di New York che produceva un cappotto in foca naturale.
Tutta l’eleganza post bellica in pelliccia poteva riassumersi in pratica in due capi da sera del 1949: Hermione, in ermellino bianco con bordi di volpe che sembrano chiudere la signora in un bozzolo; e Agrippine, ossia un lungo mantello in breitshwantz nero, con il grande collo a stola in visone.
In questi anni difficili, per il mondo della pellicceria a della moda, l’ocelot si mescola spesso alla nutria, le giacchine di persiano serrano il busto.
Il colore non è capitolo da trascurare: in pieno conflitto, vengono proposti cappotti di “grigetto” tinto nel colore del visone o in blu acciaio o color nocciola; mentre lo scoiattolo è spesso tinto color marrone. Godono lussuosa anche considerazione i macchiati, il persiano grigio, il breitschwantz, la volpe argentata anche se le alternative non sono poche.
Comunque durante il periodo bellico e subito dopo sono le star ad assumersi, inconsapevolmente, il compito di promotrici della pellicceria che, nonostante ancora l’uso di materiali poveri, è ancora riservata ad una élite.
A sollecitare sogni impossibili della donna comuni, vi sono; Marlene Dietrich, che indossava volpi che avvolgono il corpino; Rita Hayworth, che in una foto pubblicitaria per “The Lady From Shangai” era adagiata su un mucchio di pellicce di ogni tipo con una stola di visone gettata su una spalla; Betty Hutton vestita solo di volpi bianche; e Mae West tinta platino, in visone candido.
Le donne sognano ed appena torna a regnare la pace vogliono illudersi che il sogno possa realizzarsi.
Il giaccone di agnellone a pelo lungo, pubblicizzato per andare in bicicletta d’inverno, il mantello in gatto tigrato, le imitazioni di castoro appaiono nel giornali moda del 1945.
A guerra conclusa i pellicciai londinesi rilanciano lo scialle, le lavorazioni con inserti in camoscio, le stole che paiono come lavorate a nastri. In America invece i modelli in pelliccia sono più semplici, ossia le spalle si sono fatte meno rigide, i colli meno importanti, e compaiono i bottoni bene in vista. A Parigi da Balmain a Dior, cé grande impiego in questi anni di tasso, castoro, visone.
Durante il finire degli anni quaranta esplode la piccola pellicceria con guarnizioni molto studiate e gli accessori.
Soprattutto perché in questo periodo sono ancora pochi coloro che possono permettersi il capo intero. I cappelli in questi anni quaranta tendono più ad alzarsi che allargarsi; ci sono manicotti voluminosi; ed ancora innumerevoli bordure e dettagli in persiano; colli assortiti al manicotto, boa applicati a stole e sui tailleur; e splendide volpi argentate che formano bordi verticali alla gonna di un abito. Vi sono boleri a conchiglia, giacchine-gilet, mantelline, sciarpe in zibellino.
Sui mantelli compaiono piccole maniche in visone selvaggio o grandi polsi in volpe candida; sui tailleur si possono posarsi fiocchi in petit gris o in leopardo.
Nel periodo post guerra la pelliccia rimane comunque ancora un sogno, ma negli anni cinquanta l’entusiasmo per la pelliccia coinvolgerà un pò tutti, da Dior a Revillon, dal maculato al persiano, dalle famiglie più nobili alla gente comune. Nei decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale ci si innamora della pelliccia e si crea un nuovo ciclo di moda.